
27 Mag I piccoli gesti che curano. La storia di Fabrizio
«Quando sono qua mi sento libero. Come a casa».
Inizia così il racconto di Fabrizio, che da 6 mesi varca regolarmente l’ingresso di Santabarbara Hospital per sottoporsi alle terapie di neuroriabilitazione.
E tutti i giorni offre il caffè a tutti, perché lui è così: ovunque vada, al bar paga lui.
Dallo scorso novembre Fabrizio è in sedia a rotelle per un brutto incidente con la moto. Il quadro clinico è quello di una lesione midollare all’altezza delle vertebre cervicali.
A causa dell’impatto, insomma, le vie nervose si sono interrotte e Fabrizio è diventato tetraplegico. Ha 61 anni.
A dicembre inizia le sedute di riabilitazione motoria in Santabarbara Hospital, parallelamente a un percorso di psicoterapia.
Lo incontriamo il 4 marzo (lo stesso giorno in cui abbiamo conosciuto Rossana).
È trascorsa una settimana dalla conclusione del programma di riabilitazione motoria in day hospital, autorizzato dalla ASP.
«Adesso che ho finito le terapie e non vengo più tutti i giorni mi sento spento, demotivato. Non mi sento vivo»
Mentre notiamo il sorriso di speranza affievolirsi in uno sguardo di malinconia, lo invitiamo a parlarci della sua esperienza in clinica. Lui comincia – inutile dirlo – da una tazzina di caffè:
«Per tutto il tempo in cui sono stato qui, il Dottore Abela è stato l’unico ad offrirmi il caffè. È un fatto curioso. Di solito i medici si comportano un po’ come se si trovassero un gradino sopra gli altri. Ma io non ci faccio caso e al bar pago sempre io: del resto sono finito su una sedia a rotelle, in qualche modo i soldi devo pur spenderli! I miei figli ormai sono indipendenti e non hanno più bisogno di me. Anzi, adesso sono io il figlio. Si sono invertite le parti»
Da quel caffè, il Dott. Abela è diventato per Fabrizio un punto di riferimento, non solo professionale ma anche umano:
«Il Dott. Abela è un grande! Non solo nel senso della stazza fisica [ride], ma soprattutto come persona. Quando mi ha preso in carico ha fatto tutto il possibile. Da lì è iniziata un’amicizia. Io sono innamorato del mio dottore!»
Ma c’è anche un’altra persona che gli è rimasta nel cuore:
«Poco prima di essere dimesso dall’ospedale in cui ero stato ricoverato dopo l’incidente, mi fu consigliato di rivolgermi, per la riabilitazione motoria, a una certa Noemi Di Benedetto, fisioterapista molto competente, specializzata in lesioni midollari.
Noemi ai tempi lavorava a Caltagirone. O almeno, così mi era stato detto: dopo un paio di telefonate scoprii, infatti, che da qualche settimana lavorava proprio in Santabarbara Hospital!
Per farla breve, sono arrivato qui perché in realtà cercavo Noemi, che è speciale proprio come mi avevano detto»
Quando gli chiediamo di darci il suo parere sugli spazi e gli ambienti di Santabarbara Hospital, ci frena con decisione per introdurre un tema a suo avviso più urgente:
«Scusate, per ora stiamo parlando delle persone. E allora dobbiamo parlare anche della mia Dottoressa bella!
[si riferisce alla psicoterapeuta Francesca Guttadauro, seduta proprio accanto a lui]
Ci incontravamo due volte a settimana. Adesso che abbiamo interrotto la psicoterapia io non mi sento più vivo»
Quasi si commuove.
Sulle persone, insomma, Fabrizio spende solo parole di affetto e stima. Sulla capienza della palestra riabilitativa, invece, è un po’ più critico:
«A me questo posto piace. La palestra però è un po’ piccola rispetto al numero di richieste, e quindi le liste d’attesa per la riabilitazione motoria sono lunghe. Per il resto, se loro mi volessero tutti i giorni io verrei qui tutti i giorni! Quando vengo qua, io mi risveglio»
Ma di affrontare un ricovero Fabrizio non ne vuole proprio sentir parlare:
«Puntualizzo che io qui ho fatto day hospital. Rifiuto il pensiero di un ricovero per un motivo ben preciso: fumo 10-12 sigarette al giorno! Se fossi ricoverato non potrei farlo.
In realtà avevo smesso per 5 mesi. Durante quel periodo mia figlia, cardiologa, mi ha fatto fare tutte le visite del mondo. Era in pensiero perché i miei purtroppo sono morti di tumore. Una volta letti i referti mi ha detto: “pà, sei perfetto!”. Quando ho avuto l’incidente mi hanno sottoposto ad altri esami e anche in quel caso mi ha ripetuto: “pà, ma sei proprio perfetto!”.
A quel punto mi sono detto: “ma io non posso morire perfetto!”. E quindi ho ripreso a fumare»
Per finire, vogliamo sapere da Fabrizio se c’è ancora qualcosa che Santabarbara Hospital può fare per lui.
«Sì. Se riuscissi a ottenere ancora qualche miglioramento dal punto di vista motorio, o almeno a mantenere il livello ottenuto, potrei essere candidato per un intervento sperimentale all’ospedale Santa Lucia di Roma. Vorrei tanto essere il prescelto»
Sono passati quasi tre mesi da questa intervista.
Fabrizio non sa ancora se verrà selezionato per l’intervento. Nel frattempo, Santabarbara Hospital ha continuato a sostenerlo e ad impegnare tutte le proprie risorse per garantirgli le migliori condizioni possibili.